Cookie Consent by Privacy Policies website Skip to main content

LinkedIn ha oltre 20 anni all’attivo, il che lo rende – incredibilmente – il canale più longevo della storia. Non è solo il social network “per trovare lavoro”, come lo considerano ancora alcuni: è diventato il posto dove si racconta il mondo del lavoro stesso. Un luogo che oggi conta oltre 1,15 miliardi di utenti attivi mensili a livello globale, in crescita del 15% rispetto allo scorso anno, mentre in Italia è utilizzato da ben 16 milioni di persone.

LinkedIn, insomma, non è un social “di nicchia”: è una piattaforma internazionale e professionale, che supporta quasi 30 lingue e che ha saputo invecchiare meglio di tanti colleghi digitali (i vari Facebook, YouTube, X…) nati più o meno negli stessi anni.

Perché usiamo LinkedIn (e cosa dice la ricerca italiana)

Non tutti usiamo LinkedIn allo stesso modo e c’è una ricerca che lo conferma. Un interessante studio dell’Università di Torino (link di approfondimento qui) ha utilizzato la Latent Profile Analysis su un campione di qualche migliaio di utenti italiani, identificando tre grandi profili di comportamento:

  • Osservatori passivi – quelli che leggono tutto ma pubblicano poco o niente;
  • Networker informativi – attenti a contenuti e connessioni, selettivi ma presenti;
  • Comunicatori attivi – i veri protagonisti del feed, quelli che postano, commentano, condividono e generano conversazioni in modo continuativo.

Quest’ultimo gruppo è anche quello più soddisfatto dell’esperienza su LinkedIn: perché lo usa non solo per cercare opportunità ma per sentirsi parte di una comunità, per dare un contributo, per “esserci”.

La letteratura lo conferma già a partire dagli studi sociologici pre-Social: la Uses and Gratifications Theory (Katz et al., 1973) spiega che scegliamo un contesto o una piattaforma in base alle gratificazioni che ci dà. LinkedIn, rispetto a Facebook o Instagram, è meno legato al puro intrattenimento e più all’autopromozione professionale e alle opportunità di carriera. Ma, anche qui, le motivazioni “serie” (cercare lavoro, fare networking) si intrecciano con quelle più leggere (curiosità, voglia di raccontarsi, desiderio di appartenenza… e perché no, anche mero ego).

I 7 archetipi di LinkedIn, secondo chi lo usa tutti i giorni

Su LinkedIn ci entro ogni giorno, non in modo compulsivo ma attento: ogni mattina la piattaforma mi aiuta a tenermi aggiornata, mi fornisce news e opinioni da collegamenti che seguo, mi dà l’opportunità di promuovere la mia attività di consulente, di mantenere rapporto con ex colleghi, clienti e altre persone che stimo.

Dopo anni di feed scrollati, post letti e pattern individuati, ho provato a identificare i “tipi” più ricorrenti su LinkedIn. A forza di osservare, emergono sette archetipi “classici” che, se usi LinkedIn, hai sicuramente incontrato! Provo a strapparvi un sorriso: 

  1. Il comunicatore attivo – È quello che scrive bene, con la giusta frequenza. Ti racconta storie, studi, spunti legati al lavoro, ma anche riflessioni più personali che ti lasciano sempre qualcosa. Leggi i suoi post con piacere e quando metti like, non è “per cortesia”: è perché ti ha davvero fatto riflettere.
  2. L’autocelebrativo – Ha un talento innato per essere orgoglioso di sé… e non ha paura di fartelo sapere. Annuncia premi, certificazioni, eventi, con una formula che inizia sempre con “Sono onorato di annunciare che…” e finisce con 100 like di colleghi che si congratulano. Se non altro, tu che combatti costantemente con la sindrome dell’impostore… vorresti avere la sua autostima! E sono gli stessi che si improvvisano esperti di qualsiasi cosa sia “hyped”: metaverso? TikTok? intelligenza artificiale? Loro sono sempre un passo avanti agli altri (o almeno, così dicono).
  3. Il guru di vita – Non gli basta condividere il suo lavoro: lui deve spiegarti la vita. Il figlio impara a fare la pipì nel vasino? Una metafora sul raggiungimento degli obiettivi. La fila all’Esselunga? Una lezione sulla resilienza nel business. Spesso si improvvisa life coach e piazza video cringissimi che forse sarebbero perfetti per TikTok… ma finiscono su LinkedIn, perché “la piattaforma ama i video”. 
  4. Il negativo – Scrive solo per lamentarsi. Dice che LinkedIn è pieno di ego, che non serve a trovare lavoro, che è tutto un “circo di autopromozione”. Spoiler: ci passa ore, commenta tutto, e intanto continua a dire che “LinkedIn fa schifo”. Ah, di norma ha anche il circoletto verde dell’Open to Work.
  5. Il boomer convinto di essere su Facebook – Commenta con perle tipo “ai miei tempi si faceva gavetta e andavamo in ufficio ogni giorno”, oppure posta buongiornissimi motivazionali che sembrano creati con l’equivalente AI-based di WordArt. Non di rado è un manager di lungo corso, che approccia LinkedIn con lo stesso spirito con cui scriverebbe su un gruppo di ex compagni di scuola. Ah, per inciso: i giovani non hanno voglia di lavorare e lo smart working è il male.
  6. Il sales insistente – Lui pensa di fare growth hacking, in realtà manda InMail a raffica, senza nemmeno studiare il profilo della persona a cui scrive. Ecco perché ti propone una call per scoprire un software di automazione per bracci robotici… peccato che tu gestisca i social di un ristorante di Cervia!
  7. Il bastian contrario seriale – È convinto che la provocazione sia la sua cifra. Commenta con tono polemico sotto qualsiasi post, anche sotto gli auguri di pensionamento di un ragioniere di Segrate… perché “è giusto stimolare il dibattito”. Ma anche meno!

Ovviamente, la maggior parte delle persone sono utenti equilibrati del tipo 1, che condividono contenuti interessanti e arricchiscono la piattaforma.

Vuoi approfondire come usare LinkedIn in modo strategico per il tuo business… senza scivolare nei cliché?  È uno dei temi che tratto nelle mie formazioni per aziende: dalle basi per creare un piano di contenuti efficace, fino a come comunicare in modo professionale e interessante sulla piattaforma, sia per pagine aziendali che per profili personali di manager e imprenditori.